venerdì 5 giugno 2009

Conoscersi


Ieri c'è stato lo storico discorso di Obama al Cairo.
Mi ha molto colpito, anche aldilà del suo valore politico e culturale, perchè è un raro esempio di come un discorso - a prescindere dalla sua bellezza e potenza retorica - possa essere sostanza. Parlare all'altro, parlargli in casa sua, da uguali, con un linguaggio e con simboli che possono essere condivisi, non è un atto retorico: è un fatto che genera di per sè conoscenza reciproca, che abbatte di per sè barriere e pregiudizi. Invito, chi fosse interessato, a leggerlo nella traduzione italiana che ho linkato sopra.
Cito tutto questo perchè Obama, senza negare se stesso e la sua cultura, compie secondo me un atto fondamentale: mostra coi fatti all'altro di essere disposto ad ascoltarlo, ad imparare da lui. Non a rinunciare ai propri prncipi, ma di essere disposto a confrontarli con quelli altrui, a metterli alla prova del nove, a vederli con gli occhi dell'altro per vedere se reggono anche così. E' un tema che sviluppavo nel mio ultimo post e nella risposta ad un commento di Sadal-Melik.

Riflettevo su tutto questo, ieri sera, mentre guardavo su LA7 il programma Otto&1/2 dedicato allo storico evento. E, devo ammettere, mi sono proprio cadute le braccia.
Una giornalista presente – di cui non ricordo il nome – espone una tesi interessante: la visione che Obama dà del mondo islamico è “la proiezione esteriore della sua storia interiore”. Obama è figlio di una madre cattolica e di un padre keniota. Si chiama Barak Hussein. E’ cresciuto in Indonesia, grande paese islamico. In lui, in sostanza, Islam e Cristianesimo, occidente e oriente, bianco e nero sono risolti, amalgamati, fusi con successo… Obama vede una possibile armonia tra l’Islam e Occidente che in effetti è l’armonia della sua vicenda umana personale. In realtà – conclude la giornalista - c’è uno scarto tra l’Islam interiore di Obama e l’Islam reale. Obama vede se stesso, non la realtà, nella quale non c’è alcuna armonia né (sembra di capire) possibilità di armonia.

Ascolto questa tesi e penso: sicuramente in Obama il conflitto è risolto mentre nel mondo no, ma è anche vero che nel mondo il conflitto è agitato da molti ma non da tutti e che è tutt’altro che inevitabile. Detto altrimenti e usando le parole della giornalista, forse il conflitto inevitabile che lei vede tra occidente e islam è la proiezione esteriore del suo conflitto interiore. Il suo bisogno del conflitto, per mantenere e rafforzare l’idea della propria identità.

L’automatismo degli schemi e delle identità è talmente forte che dopo poco la stessa giornalista e un'altra giornalista di sinistra presente in studio finiscono per contrapporsi come portatrici delle istanze rispettivamente di israeliani e palestinesi. Proprio mentre starebbero commentando il discorso di sintesi e pacificazione di un Presidente degli Stati Uniti! La forza di attrazione delle contrapposizioni è talmente forte che quando gli sfidanti si rappacificano, si mettono a combattere gli arbitri!

Una nota buon senso arriva, inaspettata, dall’intervento di una terza giornalista, di AlJazeera. Algerina “occidentale”, che dirige uno dei più importanti network, che dirige molti uomini ma ha da qualche anno messo il fazzoletto al capo. E che alla domanda “la condizione delle donne nei paesi islamici è estremamente dura e secondo molti in occidente la colpa è dell’Islam” risponde “spesso è vero, anche se non sempre…ma lo è anche la condizione di molti uomini”.
Sembra dire: nella giustizia, come nell’ingiustizia, siamo insieme.
Sembra guardare alla sterile contesa tra uomini e donne in occidente, una guerra tra poveri, e dire: dal dolore non proveremo a uscire scavalcandoci l’un l’altro.

4 commenti:

  1. Caro Klee,
    ti dirò di più: per me non "potremo" uscirne scavalcandoci l'un l'altra. Noi donne abbiamo delle risorse e voi uomini delle altre. Lo sperimento nella mia vita di coppia. L'unico modo per far procedere la barca è che ciascuno dei due generi metta a disposizione dell'altro il proprio talento e che cerchi di integrare (nel limite di ciò che è giusto e possibile) la ricchezza che l'altro porta. E' lo stesso discorso che vale all'interno delle famiglie, delle coppie, dei luoghi di lavoro, delle culture.

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  2. Pochi giorni fa' ho visto ed ascoltato un report sull'America e i cambiamenti che Obama sta facendo e provando a ricucire. Quello che mi ha colpita è la rinuncia di ogni parti querelante a un qualche cosa, per ricostruire insieme. La rinuncia al dolore, al vecchio schema, alla vendetta, all'orgoglio, alla guerra.
    Un piccolo apunto, per la mia esperienza musulmana; spesso miei amici mi hanno detto che molte cose rivendicate da i fanatici, sono state estrapolate e sono lontane di quello scritto nel Corano; si parla del rispeto del uomo e della donna in modo molto diverso che come predicato e anche a volte imposto fino alla morte.
    Fabia

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  3. @ fiducia34: mi colpisce molto quello che dici (la rinuncia di ogni parte querelante a un qualche cosa, per ricostruire insieme). Un atteggiamento del genere è quello che dovrebbe aiutare a capire dove ci sia colpa (buone intenzioni con pessimi risultati) e dove ci sia dolo (pessime intenzioni con pessimi risultati). E mi viene da pensare a qule ruolo, in questo senso, potrebbero giocare i cosiddetti copri intermedi (associazioni, partiti, sindacati, parrocchie) nell'accompagnare le persone a cogliere questa distinzione e a farla propria. vedo purtroppo come spesso invece la ricerca "del consenso" spinga tali corpi a fomentare la rabbia e la vendetta di cui tu parli nelle persone, come nello slogan proposto da Oliviero Diliberto alle ultime elezioni: "la mia rabbia è la tua rabbia!".

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  4. Mi spingo oltre e ti dico che io stessa sono nata in una coppia che in mezzo c'ero io; tra piatti che volavano, insulti,mani,etc,etc; quando non si parlavano, ero il "telefono" mediante tra loro e questo mi facceva male e spesso mi dicevo que tutto quanto era inutile, si spreccava tanta energia per incolparsi ed arrabiarsi, quando si poteva fare altro. Poi, questo lo ho continuato, nel corso della mia vita tra culture varie,idee, politiche varie,religioni varie,etc....è funzionato l'incontro e rinuncia a vecchi schemi quando le persone erano disposte dentro di loro a farlo.Ho imparato anche e col tempo e ancora lo faccio, che farmi del male cercando di dare ascolto,aiuto, a chi rimane inchiodato nelle vecchie convinzioni di rabbia,vendetta e quant'altro, a lasciarli come lo ho fatto con le mie esperienze, farsi la sua, semplicemente per avere capito che la mia vita ha anche un valore.
    In un ragio più amplio, come descrivi, associazioni, partiti, etc, nella realtà, ne vedo ancora pochi e ti citerei anche delle grandi internazionali e mondiali, dove ero a conoscenza ho costato piu interessi personali che un sostegno, come una volta cercato di spiegare in un mio post, sull'aiuto verso il terzo mondo, che per mia esperienza e quella di altri amici, ci a portati a scegliere persone che concretamente agiscono sul posto e adoperano sanamente ciò che gli viene dato. E questo lo vedo anche in Europa e anche in Italia, certe istituzioni che fomentano di tutto e di più, tranne che portare sostegno e persone più discrete che veramente sono concrete ed affidabili.Questa e la differenza tra chi ricerca popolarità personale, bisogno di riconscimento politico o altro ed usa le persone, e chi lo fa' per vocazione,per amore,per volere dare un reale sostegno, con un sano intento di chiarezza e unità.
    Mi auguro di essermi fatta capire.
    Grazie per i stimoli!
    Fabia

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