Gli ultimi post di Pietro o di Sudorepioggia mi danno lo spunto per il post di questa sera.
Commentando l’ultimo post di S&P, dicevo che figure come appunto quella di Ambrosoli, che sono libere, che non appartengono a nessuna “famiglia” e che combattono per portare avanti il proprio servizio, non sono poco amate dalla maggioranza quanto piuttosto sono proprio motivo di fastidio, di imbarazzo. L’aggettivo con cui di solito li si inchioda al pubblico ludibrio è “moralisti”, quasi fosse una perversione accanirsi a fare il proprio dovere e ciò che si ritiene giusto. Questo basta a far dimenticare che quell’uomo non ha chiesto niente a nessuno, ha solo dato e del suo per di più. E basta a far dimenticare a ciascuno di porsi la semplice domanda “ma io dov’ero quando lui faceva questo?”. Decisamente fastidiosi, questi uomini.
Ripetendo la citazione del reverendo King riportata da Pietro “Non ho paura delle parole dei violenti, ma del silenzio degli onesti. La nostra vita comincia a finire il giorno che diventiamo silenziosi sulle cose che contano”.
Non conosco la vicenda personale di Ambrosoli, ma per quanto mi riguarda mi sono chiesto spesso, in questi mesi, perché abbia aperto questo blog e più in generale perché in questi anni non mi sia “sfilato” dalla vicenda Arkeon, ma abbia fatto – o abbia cercato di fare come sapevo – la mia parte. Non è stato per gratitudine rispetto a quell’esperienza e a quelle persone, anche se la gratitudine e l’affetto sono molto grandi, non misurabili. Né è stato perché, come alcuni vogliono suggerire, io sia un fanatico sostenitore di Arkeon o un nostalgico che non riesce a rassegnarsi alla fine di un’epoca o un pupazzo manovrato da terzi: posso anzi dire di sentirmi molto libero da quell’esperienza, che certo volentieri ripeterei per alcuni suoi tratti unici, ma da cui allo stesso tempo nell’ultimo anno di attività stavo prendendo interiormente la distanza nella ricerca di uno spazio mio personale di riflessione (credo anzi che questo tratto accomuni molto altre persone che come me e più di me hanno cercato di far sentire la voce di Arkeon in questi tre anni e non credo sia un caso). E questo dovrebbe chiarire che infine non è neanche perché cerchi o speri di far ripartire i seminari: per me, con tutto il dolore che mi comporta il dirlo, è certo che quell’esperienza sia conclusa. Non finita, perché come in fisica nulla finisce ma solo si trasforma…ma certo conclusa in quella forma.
E allora la domanda: perché lo faccio?
Certamente c’è una parte di “responsabilità civile”. Avendo conosciuto quel percorso, quelle persone e avendo visto il bene che ha fatto a molti, non posso tacere di fronte a uno stravolgimento della realtà così violento, volgare e paranoide, quale quello portato avanti in questi anni da poche persone e amplificato dai media. Il che non mi impedisce di vedere i limiti di quel percorso e di quell’esperienza, anzi semmai mi consente di vederli anche meglio. E certamente c’è la volontà di “proteggere il futuro”, di fare la mia piccola parte perché ad altri non possa capitare quello che è capitato, sta capitando e forse capiterà a noi: non vorrei che alcuno – trovandosi domani nelle peste in cui ci troviamo noi oggi – potesse guardarmi e provare lo stesso senso di tristezza che provo io guardando alcuni piccoli esponenti del mondo antisette, che da anni conoscevano le modalità della d.ssa Tinelli, non sono intervenute e oggi cercano di “tenere il profilo basso” per cautela. Sin qui è vero, potrei essere chiamato un “moralista”.
Ma non è solo quello. Il motivo vero, personalmente, è che incontrai Arkeon lungo il percorso della mia ricerca di me stesso, della lotta che conduco con me per conoscermi, sopraffarmi e arrendermi alla mia natura più autentica. E oggi non posso, proprio non posso, far finta di non essermi incontrato, di non aver conosciuto la mia storia, di non aver toccato la forza e la chiarezza delle mie aspirazioni e della mia identità. E quindi non posso ritirarmi in buon ordine, non posso dire “è stato bello, grazie”, non posso raccontarmi che quello cui ho partecipato era un percorso pericoloso, che le profondità dell’anima mia e altrui toccate erano ingannevoli, che quanto di grande lì è nato o si è consolidato (amori, figli, amicizie) non sia stato protetto e nutrito da quello spazio.
Non posso fare lo scemo per non andare alla guerra.
Accetto anzi, secondo la regola che ho conosciuto e accolto nel lavoro di Arkeon come regola dell’anima e della vita, che quello che è accaduto sia la naturale prosecuzione del lavoro su di me e sulla mia vita. Il mio maestro non è più Vito ma la Tinelli…e come diceva Vito a ragione, i maestri migliori sono sempre i più stronzi (in senso archetipico, intendo). Non ci sono “intensivi e sedie” che valgano le mattine che uscivo dicendo a mia moglie di stare calma se arrivavano i carabinieri senza sapere perchè; o i giorni che arrivavo in ufficio dopo una trasmissione di Striscia e una chiamata dell’Amministratore Delegato mi faceva temere di aver perso il lavoro senza sapere perché; o le sere che mi chiamavano degli amici per dirmi che uno aveva perso il lavoro, che uno aveva tentato il suicidio, che uno non era riuscito a tenere unita la famiglia e per tutto questo non c’era un perché.
E allora, pensando ad Ambrosoli, a Falcone, a Marco Biagi, a Calabresi o ai tanti altri eroi civili del Nostro Paese, sono convinto che la loro scelta non sia stata dettata da “moralismo”. Credo che sia stata semplicemente l'unico modo che avevano onorare sé stessi, la loro storia e il loro futuro.
Quanto ad Arkeon e a quello che Pietro ha chiamato "il silenzio degli onesti", credo anch’io che quella perpetrata su di noi sia una forma di abuso, perpetrato sul piano mediatico e giudiziario, che va a minare il senso dell'autorità e della verità. Ma credo anche che l’abuso vero, quello più drammatico, sia quello perpetrato sul piano delle vite individuali, e che l'autorità e la verità minate siano quelle interiori, come dimostrano gli esempi di revisionismo postumo di alcuni sulla propria vita, per cui anni di esistenza, mogli, figli, lavoro e amici diventano in soli due anni di campagna mediatica un’imposizione dall’alto: questo sì un drastico cambiamento di quelli solitamente addotti alla manipolazione mentale settaria. Ma – per essere chiari - credo anche che di fronte a questi tre abusi, e soprattutto al terzo, ci sia una responsabilità del subirlo. Quello che Pietro con finezza chiama “l’atto mancato cioè la risposta che non avevo potuto dare, in precedenza nella mia vita, di fronte all’ingiustizia” e che S&P chiama in maniera più esplicita “il silenzio dei paraculi”.
Dieci anni dopo ...
6 anni fa
Caro Klee, voglio e mi auguro veramente che qualche d'uno, tra giornalisti, esca ed abbia il coraggio di informarsi sul Caso Arkeon.
RispondiEliminaVoglio farti partecipe di un piccolo segno qui da noi, in un paese Toscano. Questo mattino abbiamo trovato dei fogli sulle nostre machine, sulla nostra posta, riguardando un qualcosa di molto importante da noi, che si chiama informare il singolo cittadino; quella che da mesi nessuno parla con coraggio e aveva nascosto, per prendere soldi e voti. L'altra parte dell'informazione ! Quella che spesso è omessa. E a nostra sorpresa oggi è stato fatto (come proposto) per ogni casa, ogni abitante e per mettere in mano alle persone la responsabilità di scegliere consapevolmente che cosa vuole.
In questi mesi i soliti ad ogni voglia di dialogo, rispondevano con agressività e insulti (mi ha ricordato i primi tempi, quando si scriveva la propria esperienza, nel caso Arkeon), rendendomi conto che le persone ti rispondevano il solito, con il "kit di vendita", sapendo che dietro l'unico interesse reale è i soldi(a costo di rovinare e distruggere innutilmente), essere votato; i debiti che ci lasciano. Le persone, poco popolari, come noi, ci siamo armati di pazzienza,hanno ascoltato le nostre idee e mio marito si è consultato anche con esperti, professionisti e i risultati si vedono diversamente da chi ama questo posto e vuole lasciare a i propri figli,qualche cosa di prezioso, senza svenderlo al più offerente, per una attimo di "follia" e popolarità.
Questo è il mio più profondo augurio nel Caso Arkeon.
Fabia
caro klee,
RispondiElimina"(...)E oggi non posso, proprio non posso, far finta di non essermi incontrato, di non aver conosciuto la mia storia, (...). E quindi non posso ritirarmi in buon ordine, non posso dire “è stato bello, grazie”, non posso raccontarmi che quello cui ho partecipato era un percorso pericoloso, che le profondità dell’anima mia e altrui toccate erano ingannevoli, che quanto di grande lì è nato o si è consolidato (amori, figli, amicizie) non sia stato protetto e nutrito da quello spazio."
Sono parole che sento e mi permetto di fare mie.
...Mi permetto di aggiungere che quella grandezza di anima e di amore richiede l'impegno di ciascuno per essere protetta. Alle volte le piante nascono spontaneamente, fuori da ogni previsione, ma hanno comunque bisogno di essere curate e protette specie nei periodi di forte siccità o di grandi intemperie. Quella meraviglia che mi sono ritrovata tra le mani grazie alla pioggia ha bisogno del mio sudore per continuare a crescere. Questo sudore è continuare a parlarsi, è continuare a mettere le mani nelle profondità del proprio cuore, è rimettere in gioco una relazione o un'identità nella cui realtà si crede per superare le finzioni e trovare l'assetto buono per ciascun momento dell'evoluzione.
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RispondiEliminaCiascuno di noi in questi anni ha trovato una propria risposta agli eventi che ci hanno travolto ed è giusto e ovvio che sia così.
RispondiEliminaPersonalmente ho verificato una volta in più che nulla è guadagnato alla vita una volta per tutte tanto da poter essere messo al sicuro da essa, ma tutto viene necessariamente sempre rimesso in gioco. Se non lo faccio io, lo fa la vita per me. I romani dicevano "il destino accompagna chi lo segue, travolge chi gli si oppone".
E allora, sempre per quel che riguarda me, riscontro che l'unica alternativa a dire la MIA verità su ciò che è stato Arkeon è raccontarmi delle menzogne su ciò che sono e sono stato io...e sinceramente sarebbe un prezzo troppo alto.
Bellissimo, specie quella "volontà di proteggere il futuro" che condivido. Non solo relativamente a probabili nuovi vittime che potrebbero essere 'abusate' allo stesso modo, ma proteggere una verità interiore da 'tramandare' ai propri figli e contro la quale questa "criminalità mediatica" potrà fare ben poco. Se lo vorremo noi, certo. Se avremo il coraggio di metterla in discussione e verificarne l'autenticità ad ogni nuova esperienza.
RispondiEliminaAnche se ultimanente mi sfugge il senso di tante cose...
Ti ringrazio x questo post
Sertan
@ Sertan: hai colto esattamente quello che intendevo dire. Grazie a te.
RispondiEliminaLa Tinelli come maestro... non ci avevo pensato ma effettivamente hai ragione :-)
RispondiEliminaIn questi ultimi due anni abbiamo appreso comunque molto, il lavro dei cerchi per come la vedo io, non si è mai fermato, è rimasto in noi, nei nostri cuori. E il frutto di quel lavoro lo posso vedere ogni momento, nella quotidianità, negli occhi della mia famiglia (quella famiglia che, lo ripeterò fino alla nausea, è grazie al lavoro che esiste).
@sadal-melik: aldilà della battuta che ho voluto fare, il senso che mi premeva esprimere (e che provo qui a chiarire ulteriormente) è che come essere umano posso scegliere di imparare da qualunque cosa, da quelle che mi piaccino come da quelle che non mi piacciono. Cioè posso scegliere di usare come maestra la vita.
RispondiEliminaQuesto può mettermi di fronte ad apprendistati dolorosi dagli esiti a me incerti. Può mettere in discussione i miei convincimenti più profondi, che magari mi sono stati inculcati un po' a forza o che ho utilizzato come barriere dietro le quali proteggermi e in realtà dentro le quali rinchiudermi. O ancora posso scoprire il senso più profondo di convincimenti che ho semplicemente erediato senza mai meditarli e comprenderli. Ma è una scommessa, è aprire una porta dietro alla quale non ho crtezza di ciò che troverò.
Ho sempre ceduto che Colombo avesse sì una forte convinzione di trovare le indie oltre l'oceano, ma non la certezza: credo che il suo vero interesse fosse fare il viaggio, vedere cosa c'era di là, non trovare la conferma. Se avesse solo voluto la conferma non sarebbe salpato, per il timore di trovare la smentita.
Per qusto io come altri ripeto spesso che per me Arkeon non era che un mezzo, che ciò a cui sono grato erano le persone che con me hanno cercato, che la mia ricerca veniva prima di arkeon, continua dopo arkeon e che arkeon mi ha insegnato un modo di aprirmi alla ricerca in maniera più autentica.
E per questo vedo una profonda differenza - negli errori fatti certamente da entrambe le parti - tra l'atteggiamento delle persone che scrivono sui blog di arkeo, che hanno meditato sul punto di vista del cesap, e quello di chi scrive sui blog contro arkeon, che non mi sembra aver mai preso in considerazione l'ipotesi che qualcuno "di qua" potesse essere altro che un criminale o un plagiato.