lunedì 23 marzo 2009

Fuoco e cenere

Quando ero piccolo mi capitò un’esperienza che ho sempre percepito come fondamentale.
Ero a casa del mio cugino preferito e giocavamo insieme con i Lego. Io avevo portato i miei pezzi (pochi ma abbastanza nuovi) e lui i suoi (ancora meno e pure più vecchi). Il gioco era costruire ciascuno la propria astronave per poi fare insieme l’esplorazione spaziale e la battaglia contro i nemici.

Dopo che ciascuno ebbe finito di costruire la propria astronave coi propri pezzi, vidi che quella di mio cugino era venuta più bella: io avevo replicato uno stile che conoscevo e mi piaceva, ma il suo era un’altra cosa. Pensai che forse i suoi pezzi, per quanto meno numerosi e più opachi, fossero meglio assortiti e così gli proposi di scambiarcele. Lui accettò e, presa la mia, cominciò subito a modificarla. Il risultato fu che la mia astronave rifatta da lui era più bella della sua in mano mia.

Capii che aveva più talento.
Ma soprattutto che il suo obiettivo non era fare una cosa bella, ma fare ogni volta una cosa diversa. Cercare. Scoprire. Non possedere il mondo, ma girarlo tutto.
Mi sentii sciocco, gli chiesi quale voleva delle due e cominciammo a giocare, divertendoci.

Quando anni dopo in un seminario sentii dire “nessuno può darmi ciò che non mi appartiene, nessuno può togliermi ciò che mi appartiene”, dentro di me riconobbi l’antico insegnamento di mio cugino.

L’esperienza di questi anni, con il violento attacco ad Arkéon e alle sue famiglie, la chiusura dei seminari, la dispersione dei cerchi, ha amareggiato me come diversi altri. Eppure quella perdita ha dato a ciascuno la possibilità di chiedersi chi era, cosa voleva, e di lì per tutti tante cose sono venute: tra queste la parte a me più cara è l’esperienza dei tanti blog nati, di questo cerchio di persone libere che hanno scelto per sé e non per raggiungere qualcun altro; la possibilità di scorgere in ciascuno una fiamma diversa dello stesso fuoco.

Chi ha creduto di spegnere quel fuoco, oggi ha solo cenere.

Un vivo ringraziamento a Fioridarancio, Sudorepioggia, Pietro, Articolo21, Baraka, Fiducia34, Fuoco Tribale e tutti gli altri che hanno reso viva quella parola che allora mi sembrava un po’ ridicola: tribù.

2 commenti:

  1. Che bel post, mi sono quasi commossa. Credo che questa esperienza sia servita a molti - almeno a quelli che lo hanno voluto - per interrogarsi, per passare attraverso i dubbi, per cercare di capire, per confrontarsi con la vita su altre basi. Chi non ha capito che cos'era davvero Arkeon (ammesso che io lo abbia capito) crede che fossero i seminari, gli esercizi, le condivisioni, gli intensivi, alcune modalità di espressione, Vito, i maestri. Invece si trattava di un viaggio dentro se stessi e chi è stato capace di farlo allora sarà capace di farlo sempre indipendentemente dalla forma che questo viaggio prenderà.
    A presto.
    Fioridiarancio

    RispondiElimina
  2. E' come dici tu.
    Togli tutto e Arkéon è ancora lì.
    Era il lavoro di Vito, come di tutti gli artisti, togliere e togliere fin a che tu scompari e resta lo Spirito, finalmente libero di agire.
    Quando penso alle "teorie e tecniche di Arkéon" che qualcuno pensa di aver raccolto e svelato, provo una gran tristezza: dopo aver fatto il lavoro per anni, dopo averlo lasciato e dopo averlo attaccato per anni, ancra sono lì che cercano il trucco!

    RispondiElimina