lunedì 20 aprile 2009

La trasformazione

Continuo a sviluppare un discorso che si va dipanando involontariamente post dopo post, come una riflessione ad alta voce che parte da me ma non riguarda solo me e che voglio condividere con voi.

Periodicamente riguardo il percorso della mia vita e la domanda che spesso mi pongo è “cos’ho cercato? cos’ho trovato?”. A volte nel tempo la risposta cambia.
Quando iniziai il mio percorso non ero felice: mi mancava una compagna, mi sentivo distante dalle persone, soprattutto mi sentivo solo dentro. L’eccitazione professionale e intellettuale mi tenevano “acceso”, ma in fondo non compensavano né la solitudine né più in profondità la sensazione di essere inadeguato. Spesso la vivevo come “essere incapace di…”. In effetti oggi direi che era la sensazione di essere immaturo, di aver paura di crescere. Cose comuni a molte persone che ho incontrato negli anni e che, come loro, per molti anni non avevo visto o non avevo voluto vedere perché generavano sofferenza: un amico raccontava dei sabati notte in cui tornava a casa e diceva “ancora un altro giorno passato invano”…e io sentivo di conoscerla questa cosa.
La scelta di iniziare un lavoro su di me fu la scelta di guardare in faccia quest’ombra. Una scelta che nasceva dall’aver superato una soglia di dolore, dal sentire che la verità non poteva fare più male di quello che già provavo. La speranza era ovviamente il cambiamento, “la guarigione”. Così è stato per me e credo per molti dei miei compagni di strada.
Questo cambiamento lo intendevo come “superamento”: una specie di intervento chirurgico che rimuove il cancro e riporta a una condizione di salute. Superare la solitudine, superare la paura, superare il senso di inferiorità, etc etc … Durante i seminari di Arkeon guardavo le altre persone che mi sembravano “più avanti” di me e volevo essere come loro, volevo trovare quella forza, quella libertà, quell’apertura che sentivo di non avere. Lavorando su di me avrei trovato le cose che mi tenevano fermo, avrei sciolto i nodi che mi legavano e la libertà interiore conquistata sarebbe diventata benessere fisico, psichico e sociale: forza, sicurezza, amore, successo. Me lo dicevo con parole che sentissi meno “volgari” (trovare la mia forma fisica, pienezza nelle relazioni, espressione della mia creatività) ma in effetti erano quello. Il superuomo.

Guardando indietro mi accorgo che questo superamento era più banalmente una “fuga da”: fuga dalla solitudine, fuga dalla paura. Fuga da me stesso. Una fuga in avanti, ma pur sempre una fuga. Quel “superuomo” non ero io, era la negazione di me. Era il modo di cancellare ciò di me che non amavo, di sbarazzarmi del "fratello brutto" che avevo dentro. Riguardando a quei giorni era palese come usassi quegli strumenti del lavoro per sentirmi forte, superiore. E infatti, invece che cercare di conoscere me, mi applicavo a giudicare gli altri.

Credo che questo fraintendimento sia stato molto comune nei seminari, così come credo sia molto comune in genere. La volontà di cambiare non significa conoscere se stessi ma disfarsi dei problemi, cioè cambiare gli altri, acquisire un potere su di loro (vero o presunto che sia). No è attraversamento del dolore, accoglienza di sé,apertura alla vita, ma negazione del dolore, negazione di sè, barricamento contro la vita. Quando poi i nodi vengono al pettine e quella via di crescita personale mi porta a diminuire, quando quella via di espressione di me mi pone di fronte al mio fallimento, diventa dura abbozzare. Se non ho imparato ad accogliere me stesso, gli altri e la vita come sono, se non ho accettato di prendere il posto che mi aspetta e non quello che desidero, allora sale una rabbia feroce, un senso di frustrazione, di tradimento. Non potendo riconoscere che io sono quello che sono e non qualcos’altro, devo “scaricare il pacco” a qualcun altro, colpevole di avermi illuso e portato sulla strada che mi ha mostrato proprio ciò che volevo cancellare.
Questo non ha nulla a vedere col fatto che qualcuno mi abbia effettivamente illuso. Tornando all’esempio di Giuda, lui cercava un re mondano e l’aveva trovato in Gesù. Era piuttosto evidente che Gesù non lo fosse, tutti i suoi atti oltre che le sue parole lo testimoniavano. Ma lui cercava un re mondano capace di liberare Israele dai Romani e Gesù era il candidato perfetto, quindi non poteva dire di no. Così quando Gesù si riconferma il re di un altro regno, Giuda non può seguirlo, né può semplicemente lasciarlo per cercare un altro re, ma deve punirlo e umiliarlo perché Giuda gli aveva affidato i propri sogni e lui non li ha saputi incarnare. La teoria del plagio è un modo semplice per dire che non sono io che volevo fregare la vita usando i tarocchi, ma sei tu che hai fregato me.

Negli anni ho visto molte persone rinnegare non il percorso di Arkeon, ma il proprio percorso. Accusare i propri maestri di averli truffati o perlomeno illusi. Deriderli e odiarli perché non erano questa o quell’altra cosa. Dall’avvio della campagna mediatica contro Arkeon, ovviamente, questo numero è aumentato esponenzialmente. Non nego, non l’ho mai fatto, che a volte nei seminari ci fosse una “spinta al superamento”, una ricerca del riscontro del lavoro nei risultati eccessiva; ne fa parte – nel mio giudizio - quella ricerca del “testimonial” e del “garante” che in molti hanno rimproverato a Vito. Ma è anche vero – e questo è stato per me il dono più prezioso di Arkeon – che negli anni ho visto il lavoro dei seminari cambiare con le persone, ho visto scemare questa spinta egoica e crescere invece una ricerca di umiltà e servizio che avevo nel cuore e che ha avvicinato molti a questo percorso. Ho visto le persone “che avevano i coglioni” non accogliere quella spinta ed opporvi la propria umiltà, anche nel dolore.
Dico anzi che ciascuno è responsabile delle proprie scelte e se qualcuno si è fatto trasportare dal “superamento di sé” credendo di aver trovato la strada del successo, tanti invece hanno sempre mantenuto i piedi ben a terra. E dico anche che quelli che hanno parlato di esaltazione e di ricerca del profitto erano gli esaltati che speravano di aver trovato la via del profitto e che il fuoco sacro del savonarola che oggi li divora nasce da una cocente delusione dei loro appetiti, come per Giuda.

Personalmente in questi anni rispetto alla mia vita personale ho dovuto fare i conti con rapide salite e rapide discese, con cocenti disillusioni dei miei sogni più profondi e umani oltre che delle mie ambizioni. Oggi mi trovo a portare alcune ferite dolorose nella carne, a chiedermi perché Dio mi abbia concesso alcuni talenti per poi frustrarli in manirea così evidente. Di fronte alla crescita di altri c’è stato un tempo in cui mi sono chiesto se il MIO lavoro nei seminari non fosse semplicemente fallito: oggi posso dire che non è stato così, che i seminari non mi hanno portato da nessuna parte ma mi hanno semplicemente lasciato lì, aiutandomi ad essere ciò che ero, più autenticamente. E se mi guardo allo specchio, vedo un uomo di cui posso fidarmi.

6 commenti:

  1. In questi anni di calvario ho avuto spesso il dubbio in chi potessi riporre la mia fiducia. Ho visto troppi tradimenti, troppi voltafaccia ai miei occhi ancora inspiegabili e incredibili. Già sapere di guardarsi e vedere persone di cui ci si può fidare è un punto di partenza. Non so quante persone si possono fidare, anche di loro stesse, in questa vicenda.
    Comprendo quello che dici del superuomo, anche io ho avuto la sensazione che ci sia stato un grosso fraintendimento in molti che, seppure un po' ardito, il paragone con la situazione di Giuda rende ben esplicito. In fondo, almeno all'inizio, io facevo il mio percorso perchè volevo comprendere delle cose di me, ma più semplicemente perchè c'era una discrepanza così forte tra quello che sentivo, quello che volevo costruire e come invece andava la mia vita. Eppure ancora oggi, mi capita di incontrare persone che mi dicono, con aria complice "eh, noi queste cose le sappiamo", come se avessimo ricevuto chissà quale rivelazione segreta. Ancora oggi mi cadono le braccia. Allora, ho accettato l'idea che questo approccio sia stato descritto in cattivissima fede da alcune persone per ottenere cose, ma che ci siano persone in buona fede a viverla così mi fa davvero pensare che abbiamo vissuto e viviamo su pianeti diversi.
    "il fuoco sacro del savonarola che oggi li divora nasce da una cocente delusione dei loro appetiti", ne sono ormai convinta. Anche se credo che esistano casi in cui alcuni hanno - almeno apparentemente - appagato i loro appetiti e con il fuoco del savonarola vogliono cancellare le prove.
    Ciao e a presto.
    Fioridiarancio

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  2. SLENDIDO!
    Mi ci rivedo molto: "Di fronte alla crescita di altri c’è stato un tempo in cui mi sono chiesto se il MIO lavoro nei seminari non fosse semplicemente fallito: oggi posso dire che non è stato così, che i seminari non mi hanno portato da nessuna parte ma mi hanno semplicemente lasciato lì, aiutandomi ad essere ciò che ero, più autenticamente."

    Grazie Klee.
    Sertan

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  3. @ Fioridarancio: la tua conclusione- molto amara - è purtroppo esattamenet quello che penso anch'io

    @ Sertan: è sempre un piacere sentirti

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  4. Io mi sentivo una fallita vedendo certe persone, oggi porto ancora i frutti di questo percorso, con i suoi alti e bassi e sempre i piedi per terra e la spinta positiva che mi porto dentro, questa carica dentro di me, che condivido con la nostra vita.
    Fabia

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  5. @ Fabia: grazie del tuo commento. Come te, ho imparato che era in quei momenti di apparente fallimento che imparavo e crescevo. Grazie a me e grazie al fatto che le persone attorno mi mostravano questi "fallimenti" ma non li additavano.

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  6. Diciamo caro Klee, che la sensazione di "fallimento" che io ho portato dentro di me, sapevo venisse da lontano e col tempo capito che questa derivava dalle aspetative su di me, che poi sono diventate quelle imposte da me stessa.I seminari mi hanno permessa di essere più indulgente con me tessa, guardarmi diversamente,fidarmi di me.
    Grazie,
    Fabia

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