Voglio riprendere qui e sviluppare un discorso cui ho già accennato con alcuni miei commenti sia sul blog di Sudore&pioggia sia su quello di Risè. Il discorso sul "senso delle cose”. Nasce da domande che mi pongono la mia vita, da esperienze che ho attraversato o sto attraversando, e che vorrei condividere con altri.
Quando anni fa iniziai il mio percorso di ricerca personale non aveva idee chiare circa ciò che cercavo: era un’inquietudine. L’unica certezza – e ne ero ben consapevole - era la forza con cui fin da bambino mi inseguiva la parabola dei talenti: la consapevolezza che mi erano stati dati dei talenti e che un giorno mi sarebbe stato chiesto conto di come li avevo utilizzati. A quel tempo, ovviamente, ciò non era collegato al senso del tempo che passa e delle opportunità che si porta via, ma solo e semplicemente al senso della mia personale responsabilità: Dio mi ha dato i talenti ma usarli dipende solo da me.
Questa domanda tornò ovviamente con l’arrivo dei vent’anni e con le domande sul mio futuro: ormai cominciavo a sentire la possibilità di incidere sulla vita con le mie scelte e a vedere che di lì a poco avrei incontrato dei bivi potenzialmente definitivi. Le domande che nacquero presero molte strade diverse, fino a portarmi anni dopo a quell’esperienza determinante che per me è stata Arkéon.
In quegli anni è cominciata la mia “lotta con la vita”, fatta di sogni e progetti, alcuni realizzati, altri in corso, altri frustrati, anche in maniera dolorosa. E in questa lotta ho scoperto che il vero risultato non sono gli obiettivi raggiunti o mancati (banali come i soldi o importanti come la felicità o la famiglia) ma la capacità di “dare senso” alle cose. Meglio: di “accogliere” il senso delle cose. Non è detto che sia il senso che cercavo. Non è detto che sia come lo immaginavo. Ma posso accogliere che le cose possano avere un senso che va al di là di me perché viene da prima di me. Che mi trascende. Per me tutto ciò ha a che fare con la fede, ma credo che anche in una visione laica possa esistere la “fede nella vita”, l’”apertura alla vita”. Un passo della Bibbia a me molto caro dice “Attraversando la valle del pianto la cambia in sorgente” (Sal 84, 7-8): è questo che intendo. E’ quell’accettare il dolore come parte della vita, per cercarne l’insegnamento, di cui parlavo nel mio post sul guerriero e la vittima.
In quest’ottica la vita perde i connotati della lotta col destino, del lavoro di Sisifo, della corsa contro il tempo, per diventare l’opera della mia vita, tanto grande quanto minuscola. La certezza che Dio ha chiesto proprio a me di portare questa piccola goccia nel mare. In alcuni momenti ciò mi fa sentire che il dolore è una carezza ruvida di Dio, che in silenzio mi osserva e mi sostiene mentre muovo i miei piccoli passi di uomo. E scopro che, un po’ alla volta, nel tracciare quotidianamente il bilancio della mia vita la domanda è sempre meno “sono soddisfatto?” e sempre più “chi sei tu? Chi sono io”.
In questo senso, in questo percorso, Arkéon è stato per me determinante. Sì, per alcuni strumenti che mi ha dato, per la conoscenza di alcuni meccanismi dell’anima, automatismi del cuore, leggi collettive non scritte che regolano le vite umane. Ma soprattutto perché mi ha offerto un cerchio dove sedermi, conoscere gli altri e me stesso. Dove poter guardare nella vita altrui tutto ciò che non riuscivo a vedere della vita mia. Dove poter ascoltare il grido della mia anima, che credevo di dolore e invece era di vita. Dove poter accogliere da altri uomini gli insegnamenti che non avevo saputo accogliere da mio padre, per imparare il ritorno da lui e cominciare la mia vita da uomo. Dove condividere un pezzo di strada.
Ho portato in Arkéon un cuore di pietra e mi ha ridato un cuore di carne.
Dieci anni dopo ...
6 anni fa
Difficile commentare. Credo che un errore grossolano che fanno coloro che odiano Arkeon sia di pensare (o voler far pensare) che si vendesse falsamente un non so quale sorta di "potere" che rendesse in un certo senso "invincibili", dal mondo, dalla vita, dagli eventi. Credo che davvero in pochi abbiano compreso che in realtà, chi lo voleva per davvero, si interrogava sul senso della vita (la sua) e delle cose. E come per te, anche per me nel tempo le mie domande si sono spostate da sono soddisfatta, nella mia vita c'è quello che vorrei, sono felice in un altro genere di domande più profonde ma che riescono a dare risposte (o anzi a mettere nella giusta luce) le domande precedenti.
RispondiEliminaUn po' per dirla con Gandalf del Signore degli Anelli "dobbiamo solo decidere che cosa fare con il tempo che ci viene concesso".
Ciao e a presto.
Fioridiarancio
Cara Fioridarancio, grazie del tuo commento: è sempre stimolante colgiere i tuoi spunti.
RispondiEliminaPersonalmente penso che chi credeva che Arkéon desse "un potere" era chi lo cercava. E quando non lo ha trovato e anzi ne ha perso, allora ha ribaltato il tavolo.
E' molto bella la frase di Gandalf che citi. Penso a come suoni diversa da "il tempo che abbiamo a disposizione" che di solito sentiamo dire.
Stupenda riflessione. Niente da aggiungere. A parte un sentitissimo GRAZIE!
RispondiEliminaSertan
@ Sertan: grazie a te, spero di rileggerti presto!
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